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mercoledì 30 aprile 2014

"Ossessionat* dalla competizione". Fare a meno di questa piaga culturale.

Valore sommo della nostra cultura.
Qualità richiesta nel candidato ideale di molti mestieri.
Considerata base dell'evoluzione, e persino della riproduzione della specie.
Secondo molti, motore della motivazione personale.

Se non sei un tipo particolarmente competitivo, ci sono persino delle teorie psicologiche che tentano di indagare la causa di questo tuo terribile male. "Com'è, che sarà riuscito così questo qua?". "Forse l'eccesso di aspettative durante l'infanzia, a scapito di una scarsa percezione di risorse interiori, avrà mai fatto perdere questa somma caratteristica al paziente in questione, facendone un diversamenteoccidentale?"

Abbiamo fatto veramente della competizione la base della nostra cultura, in tutto.
Così tanto, che pare ormai che se non competi, non vai avanti. Non progredisci.


Quando nasci è perchè uno spermatozoo ha vinto sugli altri, l'ovulo no povero, non è proprio possibile che decida di aprire la strada lui (lei) a qualcuno che piace di più no, lui (lei) sta passivo (a) lì, tsè...come no.

L'educazione di certi genitori di oggi è isterica e frenetica: 
"come? noooo no no non esiste, io mio figlio lo manderò a scuola a 4 anni, sa già leggere, e poi il lunedì suona violino, il martedì fa ginnastica artistica, mercoledì coro, giovedì calcio, venerdì catechismo (si sa mai una carriera in Vaticano...), sabato pianoforte, domenica camminate in montagna"
"e giocare?"
"ah beh, nel tempo libero..."

A scuola giù i voti, il messaggio è chiaro. "Chi è il primo della classe"? "Se sono il più bravo la mamma mi vuole più bene". Si, questo è ciò che imparano i vostri figli, se date loro premi solo quando portano il bel voto, piuttosto invece che guardare l'impegno e la fatica al di là del risultato.
E via così.

Io ho un paio di storielle da raccontare in merito. Ne sfodero una.
A dimostrazione che la competizione non è affatto necessaria.
All'università, tanto alcune mie compagne, quanto alcuni docenti, sostenevano che un "pizzico" di competizione facesse andare avanti, portasse appunto miglioramento.
Un pizzico.
Quandomai sappiamo dosare il pizzico, e distinguere dal "troppo"?
Siamo dei pazzi già da un bel pò, il segno lo abbiamo passato.

Io però non credo in queste teorie. Oh no, non guardatemi così, competitiva lo sono stata eccome, anche a me hanno cresciuto qui e in questo modo, cosa pensate..
E' solo che ho abiurato, o perlomeno, ancora mi capita ma ho scoperto tutt'altro modo di fare le cose.
E i risultati migliori, li ho raggiunti precisamente e per paradosso.... fregandomene di competere.

Ve lo racconto.
Mi iscrissi all'università dopo 6 anni di lavoro post superiori.
Triste e sconsolata per le tipologie di lavoro che riuscivo a ottenere con il mio diploma, nonchè per via del mio genere, che ai giorni d'oggi è spesso ancora un ostacolo. Decisi di cambiare del tutto ramo, approdando a "scienze dell'educazione".
Ma dopo 6 anni di silenzio culturale, un passato più da casinista che da studentessa modello, non mi aspettavo grandi cose da me all'università.
Avrei fatto quanto avrei potuto, e bon.
Arrivarono i primi esami, studiai e li diedi.
Con somma mia sorpresa, il primo fu un trenta e lode. Il secondo pure.
E iniziai a crederci.
Semplicemente studiai. Pensai a cosa avrei potuto fare una volta uscita dall'università, e ciò mi stimolava a interessarmi delle materie.
Trovai un sacco di spunti, nell'offerta didattica. E poi, come è normale, anche qualcosa di più noioso. Ma il tutto mi suonava come un esercizio per la mia mente annichilita.
Collezionai voti piuttosto alti. Dei quali però iniziava a fregarmi sempre meno, se non per il fatto che, pensai, uscire con una buona media avrebbe potuto compensare il fatto che fossi più vecchia degli altri, magari potevo trovare un lavoro migliore di quelli che già avevo svolto.
E presto iniziai a farmi amici, ma non solo quelli.
L' università è competitiva da vomito.
Ricordo ancora durante un orale, risposi correttamente a una domanda, e quando la prof. dichiarò il voto, una delle candidate sedute protestò "tanto per cambiare, no?" a voce alta.... mi sentii sprofondare, e capii che la mia media non era simpatica a qualcuno....
E perchè mai? 
Ero io a studiare, cavoli miei. no?
Iniziai a percepire che.... qualcuno era in gara con me. Commentini sgradevoli, occhiatacce, persino qualche sfuriata tipo "ma perchè te si e io no?".
In quegli anni pensai tanto alla competizione.
In realtà qualcuno sosteneva che io avessi quella media perchè ero molto competitiva.
Era una sciocchezza enorme, la verità non poteva essere più lontano di così.

Il mio motore era totalmente altrove.
Diventò la voglia di migliorare la mia persona.
Studiare diventò passione (si, anche un pò di stress), mi piaceva letteralmente imparare.
Trovavo quasi eccitante collegare concetti e materie, muovermi trasversalmente tra teorie altrui e mio stesso pensiero, mi sentii persona. Forse per la prima volta.
E mai, dico mai, guardai "chi potevo superare".
Ero me stessa, il punto di riferimento. Io ero così, non ero uguale a nessun altro. Avevo risultati ottimi? Era frutto del mio impegno, del mio pensiero, del fatto che in qualche modo..."facevo entrare lo studio in me, e lo facevo girare con la mia personalità". 
Non imparavo a memoria, non applicavo "la regoletta". Elaboravo. Capivo, applicavo a quanto già conoscevo. Accoglievo, o dissentivo con altrettanta passione. 
Avrei solo potuto lavorare e lavorare ancora, per diventare più competente.
E la mia media fu 29,5. Senza rincorrere nessuno. 

Esempi come questo, nella mia vita, ne ho altri. 
Fortuna? no. secondo me, è un metodo. Con questo stesso spirito, vinsi il concorso pubblico che mi portò al mio lavoro attuale.


Ed eccoci all'assurdo.
Ho aperto una pagina facebook "dea in trentino alto adige - i volti della grande madre".
Una paginetta. Qui.
Mi trovo a un certo punto un pulsante che mi dice "pagine da tenere d'occhio", con sotto una lista. Io, ingenua, clicco quella di un'amica, credendo che così avrei avuto i suoi aggiornamenti.
Dopo cinque minuti capisco che è tutt'altro.
Si tratta di tenere d'occhio LE PRESTAZIONI delle altre paginette tipo la tua.
Farci a gara. Cancellai subito quel click. MI RIFIUTO. 

Eccola qui, la competizione, forma di celogrossismo celata dietro una parola che sa di serio.

No comment.
Ma perchè?
Che senso ha?
Domando, quale è il nostro senso di "meglio", di "buono"?
Davvero, non riusciamo a farne a meno, di fare le gare?
Quale è il fine?
Non ditemi "stimola la crescita".
Ve l'ho già detto, non ci credo, per me non funziona.

Il bello (o l'assurdo), è che qualcuno ha cliccato per "tenere d'occhio la mia paginetta".
cielo. come all'università. 
sarò mica considerata così "pericolosa", da minacciare l'autostima di un anonimo creatore di una pagina a me segreta?

Competere è ritenuto vitale per la società. Forse nel liberismo sfrenato che abbiamo creato, è così. Ma "per la società" a me pare persino dannosa. Se solo ci fosse un reale spirito di comunità...
Dannosa perchè la competizione stimola e fa emergere sentimenti di invidia, rabbia, agressività, ostilità e diffidenza verso gli altri. Sentimenti negativi, frustrazione, stress che porta a un profondo disequilibrio mentale. Rendi rendi rendi ma impazzisci.

Siamo tutti fuori di testa. Cerchiamo la felicità dove non la troveremo mai. Competere produrre consumare sempre più sempre più. Accumulare cose che poi diverranno una montagna ingestibile di rifiuti. 
E accumulare il nulla.
Scordarsi il valore di relazioni non basate sull'interesse.


Per molti sarà normale.
Non per me. Io sono per "la cultura delle api".
Questa competizione isterica è una delle parti del patriarcato che più fatico a comprendere.
Ho scelto: di non fare a gara, ma di cercare di collaborare ogni qual volta ciò mi sia possibile.
Io voglio che il mio mondo poggi anche su altri valori. E voi?

"Quando il tuo corpo era sacro" Marija Gimbutas a Caldonazzo (TN)

VENERDI’ 2 MAGGIO ORE 20:30
PRESSO SALA MARCHESONI SOPRA LA BIBLIOTECA DI CALDONAZZO (TN)

"QUANDO IL TUO CORPO ERA SACRO"

PROIEZIONE DEL FILM DOCUMENTARIO
“SEGNI FUORI DAL TEMPO”

Introduce Laura Ghianda educatrice
e studiosa del sacro femminile

Vita e rivoluzionarie scoperte di Marija Gimbutas, l’archeologa di fama mondiale che reinterpretò la preistoria europea alla luce delle sue conoscenze in linguistica, etnologia e storia delle religioni, proponendo così un quadro in contrasto con le tradizionali assunzioni circa l'inizio della civiltà europea.
Joseph Campbell e Ashley Montagu ritennero paragonabile il contributo di Marija Gimbutas alla Stele di Rosetta e la decifrazione dei geroglifici egizi.

“Che immagine abbiamo del nostro passato che influenza ciò che siamo e come viviamo?”
“Possiamo sognare una cultura armonica e pacifica, in equilibrio con la natura”, e non caratterizzata dal dominio di un genere sull’altro?
“Ma ce n’è mai stata una? L’archeologa Marija Gimbutas ha detto SI”
Femminicidio e conflitto tra i generi, ma anche guerre, violenza, diseguaglianze sociali, inquinamento, sfruttamento indiscriminato delle risorse del pianeta, non sono che alcuni degli attuali problemi che dovrebbero indurci a riconsiderare su quali valori sia stata fondata la cultura occidentale.

Serata gratuita e aperta a tutt*

Per info: ghianda1979@yahoo.com
sarascaramuzza@tiscali.it

FB: Dea in Trentino Alto Adige –
I volti della Grande Madre

In collaborazione con: Banca del Tempo Amici di Pergine e
Associazione Multiverso Olistico - AMO
 — presso Caldonazzo Trento.

martedì 22 aprile 2014

Sacerdotesse della Terra, nella giornata della Terra

Non spenderò molte parole questa volta.
Il 22 aprile, è la giornata della Terra.

Voglio riflettere sulla umana capacità di agire nel mondo, e di come questa sia totalmente (o quasi, per fortuna!) ignorata dai più.
La nostra povera Mamma Terra, non se la passa bene.
Nonostante la Giornata a Lei dedicata, ai governi il suo destino non sta per nulla a cuore, manco fosse realmente slegato dal nostro, il che suona come un assurdo.
In Italia sembra che nessuno consideri l'argomento importante, al punto che nemmeno per opportunismo si trova nei programmi dei vari partiti vuoi di destra, vuoi di sinistra.
Il problema è la scarsa sensibilità dell'opionione pubblica.

Ma siamo noi, l'opinione pubblica.

Il guaio, e non mi stancherò mai di denunciare questo nostro vizio, è nei miti che abbiamo creato, nel modo in cui pensiamo al "cambiamento".
Spiego meglio.
Nel nostro immaginario, quando è che le cose cambiano?
Quando qualcuno che "ce l'ha più grosso di noi" interviene per farle cambiare.

La nostra cultura e il nostro immaginario è pieno di eroi e supersalvatori che scendono sulla Terra e con i loro superpoteri, più o meno divini, fanno accadere le cose. Ci crediamo davvero: ci crediamo sia quando succedono le cose brutte (sarà colpa del Diavolo, di "Dio" che ci punisce, piuttosto che del politico di turno...) che quelle belle (sarà il volere di "Dio", piuttosto che il leader politico di turno...).
Quando le cose non vanno (vedi crisi e empasse politico italiano), poniamo tutte le nostre speranze in qualcuno che, pieno delle nostre aspettative, finalmente potrebbe apportare il cambiamento che desideriamo.
Oppure affidiamo tutto a fatidiche date, congiunzioni astrali, ecc.
E noi italiani ci caschiamo. Forse peggio di altri, o forse no, ma vivendo qui, non riesco a non notarlo.
Cerchiamo il leader. Quello che sa. Quello che fa.
Lasciatemelo dire. I pianeti e la numerologia può essere favorevole quanto volete, ma agirà sempre come un concime. Il seme, quello che può germogliare, lo dobbiamo ficcare noi nella terra. Per scelta.

Non esiste che "dal nulla" le cose si creino. Che le cose cambino stando comodamente seduti ad attendere. Non funziona così. Non è mai funzionato così. E ciò che accade alla Terra dovrebbe drammaticamente aprirci gli occhi.

Sapete uno dei vari, molti, motivi (e che magari vedremo meglio in altra sede) per cui le api erano sacre, quale è?
Che ciascuna ape sa esattamente cosa fare. E fa il suo.
Le api vivono in una grande comunità, eppure nessuna di loro dice "embeh, se anche non tiro su polline, chi se ne accorge?".
Le api hanno un grande senso di responsabilità. Verso la loro comunità, ma anche verso l'ambiente in cui vivono, per il quale sono determinanti.
Qualcuno diceva che se le api si estinguessero, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita.


Il problema dell'uomo, è che non è abbastanza "ape".
Siamo in sette miliardi. Eppure ragioniamo ancora che "tanto non sono io che posso cambiare".
Ma sarà che un'azione moltiplicata anche solo per diverse migliaia di individui, un peso invece ce l'ha? e chi è che agisce??
Pensiamo di dover stare lì a pigrire, e che non sia colpa nostra ma del "nostro capo" o di "qualcun altro" che non fa il suo dovere.
E invece no.
Siamo solo noi, ciascuno per il suo, che siamo responsabili della nostra settemiliardesima fettina di mondo.
E in questa e per questa dobbiamo agire.

Lo sapete, io spingo perchè questo potere di agire, questa freccia di Diana, sia restituita alla consapevolezza umana.
Smettiamola di atteggiarci a illuminati da venerare, o a fare le pecore che cercano un leader. Serve il contributo di tutti, tutti sullo stesso livello. Non abbiamo bisogno di altri eroi. Abbiamo bisogno di diventare tutti melisse. 
Siamo noi che portiamo il cambiamento.
Siamo noi le sacerdotesse della Terra, che agendo si prendono cura di essa.
E per farlo, dobbiamo iniziare a mettere in comune una conoscenza scomoda, scomoda soprattutto alla società dei consumi:
quella relativa alle conseguenze delle nostre pratiche. Scomoda, perchè la logica del profitto, nella nostra cultura, ha ancora la meglio.
Non agiamo per ciò che è giusto, ma per ciò che è comodo o fa bene all'economia.
Poco importa quali conseguenze abbiano sulla nostra Terra le nostre azioni quotidiane.

Questo mio scritto venga considerato un appello.
Una chiamata.
A tutti coloro, uomini e donne, che vogliono essere sacerdotesse e sacerdoti della Terra.

Che la vogliono amare nella concretezza, a iniziare da piccoli cambiamenti.
Che vogliono accettare di mettere in discussione i loro dogmi culturali.
Perchè il cambiamento siamo noi.

Le pratiche delle sacerdotesse sono concrete, sono reali. Anche semplici, non occorrono gesti "bombastici". Ma sono vere.
Agiscono qui e ora, perchè è questo il mondo dove si sono incarnate. E' attraverso questa vita, che contribuiscono alla creazione.

Non ha senso cercare chissà quale suggestiva forma di potere "esoterico", se non siamo in grado di scorgere la più semplice delle verità: che il potere lo abbiamo già, eccome.
Non serve a nulla accendere incensi e candele, sedere in silenzio o contemplare il corpo della nostra Madre, se non sappiamo farci sempre più responsabili delle impronte che lasciamo su di Essa.
Il cambiamento avverrà, solo quando ciascuno di noi agirà il cambiamento che desidera.
In prima persona.


domenica 13 aprile 2014

La saggezza delle ortiche. Ovvero elogio della semplicità.

Ho un falcetto stupendo. E' un falcetto cerimoniale. Lo poso sempre sul mio altare, a Samhain.
E' fatto a mano da un artigiano locale, piccolo e affilatissimo è.
E' speciale. E proprio per questo, va usato.
Cosa c'è di più sacro, della natura attorno a noi? Qual modo migliore di caricarlo, se non a contatto con gli spiriti delle stesse piante?
La natura è parte del corpo di Dea, e allo stesso tempo da Dea è regolata.

Quanti doni ci offre, doni che non sappiamo più scorgere, abbagliati da una complessità che a volte sconfina nel ridicolo: cerchiamo chissà che rimedio esotico o che prelibatezza costosa, quando abbiamo molto sotto il naso, ma lo snobbiamo. 


Le chiamiamo malerbe. Male de che?
Pungono e di solito ce ne teniamo alla larga.
Sono le ortiche. 
Tra le verdure migliori che ci potessero donare: saporitissime, e ricche in ferro, ricchissime, più di ogni altra verdura comunemente consumata.
Ce ne sono ovunque, e sono un vero toccasana.
Esco dunque, il falcetto in una mano, una bacinella nell'altra. Un oggetto che offende, uno che accoglie.
Piccole piante verde intenso, ce ne sono ovunque.
Il falcetto affonda, perfetto per quell'uso, in un attimo cime fresche e deliziose munite di tenere ma sempre pungenti foglioline cadono nella mia bacinella, non manco di ringraziare per questo dono.

E tutto in me divaga. Zac, quanti uccelli diversi cantano attorno a me, Zac. Zac, che profumi deliziosi, basta spostarsi anche di poco e gli odori cambiano, Zac, Zac. Passa un'ape vicino a me, ciao piccina. 
Emozioni e sensazioni si intervallano alle piccole gemme che catturo con la mia mezzaluna.
Zac. Sono qui fuori, e ascolto. Zac. Sono ricettiva. Raccolgo, ci vuol tempo, mi guadagno la cena come le mie antenate facevano. Zac. 
Come siamo finiti adesso?Zac. potrei lavorare come faccio ogni giorno in un ufficio, dove gli unici odori sono i detersivi che usa la signora delle pulizie, Zac, e le particelle di carta calda della fotocopiatrice. Zac.
Dove gli unici rumori sono il ticchettio delle tastiere e le voci di lamento, dei miei utenti o della direttrice incazzata. Zac.
Zac. E il raccoglier erbe? Dove abbiamo collocato il raccoglier erbe, noi, raffinata società che rinnega il semplice a favore del complesso, Zac, l'umile a favore dello snob, Zac, dove?
Chi raccoglie ancora erbe oggi? Meglio comprare le coste al mercato, Zac, eppure le ortiche... fanno meglio e sono gratis.
Zac, grazie spirito dell'ortica.
Ora ti capisco meglio.
Ahi, mi pungo. Giusto, parte del gioco.
Persino le tue punture, sono curative. Ora ti capisco.
E' questione di punti di vista.
Estirpata e temuta, tu sei un dono.
Hai in te la forza e la tenacia.
Cresci in zone di apparente degrado. Ma tu quelle zone le abbellisci.
Sei semplicemente passata di moda. Zac. Gli umani ti ignorano e, abbinandoti a origini troppo umili, a ricordi di tempi difficili in cui pure tu hai salvato molte vite, ora preferiscono coltivare altro. "verdure più pregiate". Cosa è dunque il pregio? Zac. Incarni il disprezzo nei proverbi popolari.
Ma hai molto da offrire a chi sa scorgere la tua bellezza.

Zac. Non mi annoio qui con te, mi sento ricca, piena e appagata. Come è diverso questo lavoro, rispetto ai miei compiti in ufficio. Zac. Come è difficile fare un bilancio di quanta ricchezza abbiamo perso, nel nostro progresso. Zac.
Abbiamo di più, ma non siamo mai felici, mai appagati.
E tutto si mischia. Il profano diviene sacro, altre erbe attirano la mia attenzione, le ringrazio e saluto. La prossima volta cucinerò con voialtre si, con la fresca primula o la squisita alliaria. Si, Zac, la prossima volta sarò in comunione con voi.
E la raccolta della mia cena diviene una meditazione, una pratica che mi sorprende, e mi regala intuizioni.
"Tutto è sacro nel sentiero di Dea", sembra che mi sussurri il vento.
Zac. Conosco ora le ortiche. Ce ne sono diverse. Non si colgono i boccioli che sembrano troppo chiusi, quelli hanno i pidocchi. Zac.
Qui finisco, e uno strano sesto senso pare mi dica dove ne troverò altre e dove invece no, dove non crescono.
I prati paiono avere voci diverse. Cori di strumenti diversi. Come differenti orchestre, e tu ne puoi riconoscere, se composte da archi o da fiati o altri mix di suoni. le ortiche hanno una voce, un suono, stridente e metallico, devo seguirlo e ne troverò altre.
Ecco perchè sono venuta a vivere qui. Ove i canti degli esseri di natura s'odono forte, appena spalanchi le porte di casa.
Perchè questo cibo che oggi raccolgo, sarà l'unico, tra ciò che ho acquistato e accumulato nel frigo, a non lasciarmi insoddisfatta.
Perchè è materia che nutre anche il mio spirito.
Ed è questo, che noi umani stiamo irrimediabilmente perdendo.
La capacità di sentirsi uno. Di godere il momento in comunione, senza operare separazioni astratte e inutili. 
Di gioire della grandiosa sacralità della semplicità.
Zac.





venerdì 11 aprile 2014

Chi ha paura della maternità? Riflessioni tra uteri artificiali e terrorismo pre-parto

Le viene da ridere, alla bellissima Aarathi Prasad.
Ride perchè le hanno detto che il suo "utero artificiale", ultima novità in campo di ricerca scientifica, non è "naturale".
Ride perchè dice che "siamo una specie ancora in adattamento e non ha senso parlare di naturale". 
Si, vabbè, ma l'adattamento avviene in millenni di tentativi come risposta a un evento che richiede un nuovo accomodamento, un nuovo equilibrio.
Non per i capricci di una scienza che non si pone limiti etici di alcun tipo, e che per senso di onnipotenza decide dall'oggi al domani che le donne possono fare a meno del proprio utero.
Si, la notizia è dell'invenzione di un utero esterno, che può benissimo far crescere il tuo piccolo mentre tu poi "liberamente" fare altro: continuare a lavorare e a pulire casa, fare la spesa, dedicarti ai tuoi hobbies, senza """"seccature""""". 




Anzi.
Il dibattito sul sito che dava la notizia era fervente, e personalmente, letta la notizia ma ancor più i commenti degli "addetti", mi è salito il sangue alle tempie.
"E' meglio per le donne".
"Come dice, scusi?"
"Si, è meglio, almeno per tre motivi.
1-liberate dai DOLORI DEL PARTO.
2-liberate dal PESO DELLA GRAVIDANZA
3-in una società dove la donna è ancora molto penalizzata a causa delle sue funzioni biologiche, ora si potrebbe finalmente raggiungere la parità tra i sessi. Nessuno più può rifiutarti l'assunzione."

Gulp.
Aiuto. Ora si, che sto provando terrore.
Veniamo al punto uno.

I dolori del parto.
Mi viene da chiedere alla signora Prasad quanto traumatica debba esser stata la sua gravidanza, per giustificare una simile presa di posizione.
Chiamare "moda" il crescente desiderio delle donne di avere "parti naturali" mi pare il solito tentativo di screditare una controtendenza scomoda al pensiero dominante. Sarebbe più opportuno dire, che va di moda ancora troppo il parto medicalizzato. Che va di moda spaventare le donne fino al terrorismo: l'ho provato, non mi si faccia credere il contrario. Quando sei incinta, CHIUNQUE si sente in diritto di raccontarti le peggio tragedie: casi assurdi, racconti di pseudoparenti che sono sopravvissute per un soffio, o bambini che stavano per strozzarsi con il cordone, menomale che c'è il cesareo. 
I numeri in realtà dicono l'opposto. I parti fisiologici sono oltre i 90%, o almeno lo potrebbero essere, se non fosse che si agisce da subito per ostacolarli. Si, proprio così. La partoriente non partorisce meglio, se arriva al parto con il terrore nel cuore. Non ci vorrebbe tanto a capirlo. Introdurrei un nuovo reato: terrorismo pre-parto. L'ospedale con camere chirurgiche, luci super forti, persone sconosciute...mmmm, condizioni psicologiche ideali, per fare aprire uno sfintere. Quanti di voi farebbero tranquillamente cacca in pubblico, o con estranei? Il parto non è troppo diverso, come principio. Più ti senti sicura e in intimità, più "ti apri".
Fortuna le cose iniziano a cambiare anche negli ospedali. Qualcuno ha capito e si dimostra attento.

Oppure, l'altra mania, è continuare a ricordare alla futura mamma quanto male faccia partorire, eh già. L'ultima che ho sentito, la voglio scrivere in maiuscolo da quanto è assurda: "I DOLORI DEL PARTO SONO PARI ALL'INCIRCA AI DOLORI DI 14 OSSA CHE SI FRATTURANO IN CONTEMPORANEA".
Io me lo immagino il tipo che ha tirato fuori questa perla. Non so se si sia frantumato lui le ossa, o cosa. Non si capisce perchè 14 piuttosto che 10, 13 o 20. 
Dico solo che io ho provato una frattura pluriframmentaria e spiroide a tibia e perone, e ho anche provato un parto naturale.
Ribadisco, che partorirei di nuovo mentre spero e prego di non rompermi mai più una gamba.
Ma la finiamo con il terrorismo da dolori del parto?
Si, fa male. Ma non è assolutamente paragonabile a una frattura (tantomeno 14!). E' un dolore diverso, e diversa è la reazione del proprio corpo, se solo lo si lasciasse libero di agire con gli strumenti che la natura fornisce! Ovvio, se arrivi in quel momento terrorizzata, il male non lo gestisci e allora si, deve essere orribile.
Non solo le doglie sono dolori acuti ma gestibili, che terminano nel momento in cui il cucciolo viene alla luce, e che non sono assolutamente inutili, visto ciò che ti aspetta dal parto in poi.......... ma questo nessuno lo dice.
Si preferisce tornare alla vecchia patetica idea della punizione divina "con dolore partorirai figli", retorica patriarcale che ha raggiunto il suo scopo: contribuire a togliere alle donne il proprio potere. 
E chi ha più paura del parto, è proprio colei che ancora non l'ha provato. E si priva così anche della possibilità di sapere come il suo corpo reagisce, come è incredibilmente competente, forte, potente, resistente. Quanti psicoterapie si potrebbero evitare, se le donne fossero preparate al parto con la consapevolezza che meritano, piuttosto che esser terrorizzate da chiunque.
Ad ogni modo, se proprio la paura del dolore fosse così insuperabile, non bastava già l'epidurale, no, serviva l'utero esterno?

Veniamo al punto due.
Il peso della gravidanza.
Il peso.
Ma cosa è il nostro corpo? Una cosa meccanica fatta di pezzi sostituibili, ciascuno con una propria funzione isolata dal resto, punto?
La gravidanza è a tratti difficili, lo dice una che ha avuto 5 mesi di nausee orrende.
Ma è altro, e un pò ne ho parlato sul post dedicato al parto e alla gravidanza sacri.
E' poesia.
E' relazione, biunivoca, con il proprio cucciolo, al quale bisogna abituarsi, non lo si può trovare bello e pronto dopo 9 mesi in un forno finto. E nemmeno lui, credo sia contento di essersi formato lontano dal corpo di mamma. 
E' essere e sentirsi abitate.
E' bellezza pura e insostituibile.
E' l'esperienza più incredibile e potente che abbia mai provato. 
E' sperimentare il paradosso di essere uno e due assieme!
Apre un mondo di idee e possibilità che è difficile da immaginare.
Il fatto che ne vengano evidenziati solo gli aspetti difficili, mi viene da pensarlo come funzionale al mercato farmaceutico dei vari rimedi (vedi menopausa come malattia), nonchè a fornire una lettura che distoglie, di nuovo, la consapevolezza delle donne dalla grandiosità del loro potere di mettere al mondo.
E gente, qui non si inventa nulla: i miti cosmogonici lo registrano da tempi precedenti quelli narrati dalla Bibbia: il potere di generare fa paura a chi non lo ha. E genera invidia.
Nel tempo l'umanità se ne è inventata di ogni, per neutralizzare questo potere. 
Le religioni ci hanno messo del proprio, e ora anche la scienza.
Ma è così assurdo recuperare una dimensione dell'umano che non sia come una somma di singole parti, ma che agisca come organismo completo e complesso, dotato anche di aspetti psicologici e relazionali che non si cambiano al primo capriccio scientifico?
Va bene, facciamo tutti un applauso alla bella genetista. Brava.

Ma francamente, è la scienza che in certi casi da forza alla contrapposizione natura/cultura, che in questo particolare caso io capisco ancora meno.
Perchè non si può cercare una sinergia, piuttosto che una lotta eterna?
Non si può paragonare il parto e la gravidanza a una malattia. Si perchè la solita risposta dei pro-scienza è "anche le malattie sono naturali, e allora che facciamo, non ci curiamo?".
Qui il bello è che non ci sarebbe proprio nulla da curare, se non l'approccio mentale che abbiamo verso l'esperienza della gravidanza, approccio a parer mio inaccettabile, che stiamo portando davvero a un estremo insopportabile.

Diciamo pure che non dobbiamo per forza cercare ad ogni costo un'utilità a una scoperta scientifica. Il problema non solo non c'è, ma si potrebbe fare meglio con mezzi meno costosi e alla portata di tutti.
Per esempio, portando le donne alla consapevolezza che restano pur sempre dei mammiferi. Sanno partorire.
E in caso di patologia, allora ben venga la scienza, gli interventi, la sala operatoria e quant'altro.
In caso di PATOLOGIA. Non si può trasformare tutto ciò che è fisiologico in patologico, diamine. Questo è un crimine. Non facciamoci fregare.

E del punto tre, cosa diciamo?
Che è una giustificazione tremenda.
Siccome la donna è discriminata per la sua funzione biologica, allora eliminiamola, questa funzione. 
I figli si fanno nel forno e la donna è finalmente libera di essere identica all'uomo.
I cicli del suo corpo inutili e ignorati, oltre a esser stati vittima di demonizzazione per secoli. Che ancora la parola mestruazioni viene pronunciata a fatica da molte di noi. E la menopausa è trattata come malattia. 
Qui mi si scatenano le viscere.
Ho patito così tanto verso le mie mestruazioni, e forse proprio il parto ha restituito la voglia di non maltrattare più il mio corpo.

Una società migliore e equilibrata può passare solo attraverso il rispetto del femminile, dei suoi cicli, per quello che sono, parte della nostra profonda natura. 
Dentro di sè ogni donna sa che funziona così.
Possiamo maledire il ciclo mestruale, cosa che ho fatto per anni, prima di pentirmene amaramente. Ma non aiuta la nostra autostima. Se non lo sappiamo consciamente, lo sa il nostro inconscio. Noi siamo cicli, e ciò influenza fortemente la nostra natura. Se ciò che fa il nostro corpo è sporco o vergognoso, beh.... si commenta da sè. 
Ora che mi si è aperto un mondo di potenzialità legato al mio ciclo e alle mestruazioni, provo rancore per il significato culturale/religioso che ne è stato abbinato.
Vergogna a chi insegna alle donne a provare vergogna del proprio corpo.
E vergogna a chi vede il mettere al mondo i figli come un ostacolo alla produttività.
Così poco considerata è, la nascita di un essere umano?
Questa è una piaga della società. 
Non sono io, donna, che devo rinunciare al mio utero. Organo che ha una presenza forte anche nella mia psiche di donna. E' la società che deva fare lo sforzo di cambiare.
Non lo farà? Andremo a rotoli. E da perdere c'è molto.
Il messaggio è "il tuo corpo è inutile". Meglio: "è utile solo nel suo aspetto erotico".
Donne, è questo che vogliamo? Sentirci dire che siamo inutili? Buone solo quando siamo giovani e, termine usato con disinvoltura dall'ex presidente del consiglio "chiavaXXXX"?

Ad ogni modo, me lo immagino un mondo di uteri artificiali. Costosi e immagino alla portata solo delle donne ricche. Che quindi faranno carriera senza difficoltà a fronte delle poveracce che faranno figli nel modo diciamo...tradizionale, ancora più in difficoltà a essere competitive nel mondo spietato del profitto.
Altro che un aiuto. Lo vedo come uno strumento che aumenta il divario sociale.
Sempre che l'utero artificiale non diventi un "diritto" passato dal Sistema Sanitario Nazionale.... c'è da farci un bel business. Un bel pò di soldi. Un pò come i cesarei in certe cliniche, consigliati perchè....fruttano un rimborso maggiore.
E donne inconsapevoli credono che venga loro fatto un favore. IO MI RIBELLO. E mi sono ribellata. Partorendo come desideravo, contro il parere praticamente di tutti.

Nessuno finanzia ricerche per studiare gli effetti di questa atroce rimozione del materno dalle coscienze dei nostri piccoli umani, perchè infondo, l'assenza della mamma alimenta un bel mercato.
Non allattate per più di sei mesi mamme, tanto c'è il latte artificiale che le multinazionali fanno con cura per i vostri piccoli! Non cullateli tra le vostre braccia, devono essere indipendenti già dopo i primi giorni! Basta un'angelica macchinetta che ve li controlla al posto vostro, voi tornate pure a sbrigare le vostre faccende.
Cresciamo sempre più lontani dai valori della cura che pure sono normali in tutti i mammiferi.

E infatti, permettetemi di dire, non è che il nostro mondo sia proprio un esempio di giustizia, equilibrio, onestà e felicità......

Grazie sig.ra Prasad.
Ma sono orgogliosa di sapere scodellare i miei figli da sola. Decido io, cosa è meglio per me.